cristallo di rocca
Autore
Sconosciuto
Data
XVI - XVII secolo
Categoria
Scultura
Maggiori informazioni

Cristallo di rocca

Il cristallo di rocca è una varietà di quarzo purissimo (noto anche come quarzo ialino), incolore e di assoluta trasparenza, pregi per i quali è stato largamente impiegato nella produzione di oggetti preziosi fin dall’antichità, in particolare ad Alessandria d’Egitto e a Roma, e ancora in epoca tardo antica, specie in area bizantina. Nel XIII° secolo la sua lavorazione torna a diffondersi  in Occidente, e Venezia ne diviene uno dei principali centri di lavorazione e di esportazione in tutta Europa. Il cristallo di rocca ha il suo impiego più esteso e i risultati qualitativi migliori  fra Rinascimento e Barocco, con la produzione di oggetti particolarmente preziosi ed elaborati, intagliati e ornati di smalti e metalli preziosi. Se ne conoscono esemplari notevolissimi sia nel campo della gioielleria (tagliati a brillante o a rosetta) che in quello degli oggetti d’arredo (lampadari, candelieri, cornici, cofanetti, scrigni, coppe, piatti), e nei manufatti di uso liturgico (reliquiari, calici, croci). Incisori di grande levatura si dedicano alla sua lavorazione, attraverso una raffinata e difficile operazione di intaglio, eseguita su un materiale difficile, duro e fragile allo stesso tempo, che si deve lavorare a rovescio, scavando la superficie con piccoli trapani. Artisti come Giovanni Bernardi, (1494–1553) autore di  sei ovali raffiguranti scene allegoriche  intagliati su cristallo di rocca, inseriti nella famosa  Cassetta Farnese (Napoli, Museo di Capodimonte), o i Miseroni, famiglia di intagliatori e incisori di pietre dure e cristalli di origine milanese, attivi in Boemia nei secoli XVI e XVII, autori tra l’altro di una piramide in cristallo di rocca per Ferdinando III° (Vienna, Kunsthistorisches Museum); e ancora Valerio Belli, detto Vicentino, celebrato dal Vasari, autore di una cassetta con venticinque piastrine incise in cristallo di rocca, montate in argento, eseguita per Clemente VII fra il 1525 e il 1532; nella Cappella del Tesoro di San Gennaro, a Napoli,  è conservata una bellissima croce reliquiario in cristallo di rocca, esempio della glittica tardo manieristica fine XVI°-inizio  XVII° secolo, mentre al XVII° secolo risalgono le rare e bellissime posate in cristallo di rocca e bronzo dorato di manifattura fiorentina conservate al Museo Bardini di Firenze. A  partire dal XVI° secolo  si inizia ad utilizzarlo  nella costruzione di lampadari, dove è particolarmente apprezzato per la sua bellezza e per l’elevata capacità di rifrangere la luce per mezzo della sua trasparenza, lucidità e striature. Queste caratteristiche ne favoriscono la grande diffusione, soprattutto in Francia, alla corte di Luigi XIV, e poi in Europa, in  palazzi, castelli, chiese, abitazioni di rango elevato. Sono manufatti sfarzosi, costruiti artigianalmente, alcuni addirittura pezzi unici, realizzati  in base all’architettura degli ambienti da illuminare. Il suo uso nei lampadari  sarà man mano soppiantato dalla scoperta del cristallo al piombo, introdotto in Inghilterra nella seconda metà del  XVII° secolo e perfezionato da George Ravenscroft, più facile da lavorare e con proprietà notevoli di rifrazione della luce. Il cristallo di rocca continuerà invece ad essere usato (ancora oggi) per la produzione di preziosi e raffinati manufatti; nell’ottocento sono molto noti F.E. Kny, incisore presso la Thomas Webb & Sons di Stourbridge, e W. Fritsche, significativo esponente dell’arte. Famose, preziosissime e raffinate le le pendole misteriose di Cartier (per esempio il modello Portico, realizzato per la prima volta intorno al 1924, con colonne in cristallo di rocca),  o la Coppa Florentia (1914),  in cristallo di rocca, oro giallo e zaffiri sfaccettati, di Gianmaria Buccellati.


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