
Pianto di S. Pietro
Dipinto olio su tela
Questo dipinto è in buono stato di leggibilità e raffigura uno dei passi più commoventi raccontati dal Vangelo di S.Marco (Marco, 14, 66-72): il pianto o pentimento di S. Pietro.
Stando al resoconto evangelico il “principe” degli apostoli, dopo l’arresto di Gesù, indugiò ad aspettarlo nel cortile dell’abitazione del gran sacerdote Caifa; qui fu identificato da una domestica che gli disse “Anche tu eri con il Nazareno”, tuttavia Pietro non ammise di conoscere il Salvatore e, andatosene dal cortile, si affrettò a negare altre due volte.
Ad ogni suo diniego sentì cantare il gallo e soltanto allora egli rammentò che Gesù aveva preannunciato quanto era in effetti stava accadendo.
Fu per tale ragione che l’apostolo disperato si abbandonò ad un pianto inconsolabile, con il volto estatico rivolto in direzione del Cielo per invocare il perdono divino.
Durante il Seicento il tema del pentimento di S. Pietro diventò uno dei soggetti più frequentati dalla pittura italiana giacché, essendo un’immagine devozionale di forte effetto emotivo, bene si prestava a diffondere presso i fedeli il sacramento della penitenza.
Intorno ai marcati caratteri stilistici del dipinto è indispensabile rilevare che siamo in presenza di un’opera estremamente interessante e di singolare cupa avvenenza, realizzata da un maestro attivo a Bologna durante la prima metà del XVII secolo, un artista dotato di notevoli capacità tecniche ed esecutive che fu capace di eseguire una figurazione di derivazione carraccesca ma tragicamente emozionante ed orientata ad un naturalismo moderno e teneramente idealizzato;
siamo pertanto davanti al prodotto di un pittore assai bravo tendente ad una bellezza classica antica che si innova nella luce della spiritualità cristiana.
Per tali ragioni non trascurabili ritengo sia possibile attribuire questo Pianto di S. Pietro (o Pentimento di S. Pietro) a Guido Reni (Bologna, 1575-1642), il grande maestro bolognese che dopo l’alunnato
presso la bottega del fiammingo Denijs Calvaert si accostò ancora giovane alla prestigiosa Accademia dei Carracci, dove era accesissimo il dibattito pittorico sul rinnovamento del linguaggio figurativo.
La tela in questione, che proviene da un’importante collezione privata, è infatti una inedita versione del soggetto evangelico che l’artista bolognese dipinse – con diversificazioni numerose e significative – in più di un’occasione; tra le più note varianti note richiameremo alla mente almeno quelle eseguite negli anni dell’ultima maturità artistica del maestro bolognese, visibili rispettivamente nella Galleria Doria
Pamphjli e nella Galleria Nazionale d’Arte Antica a Palazzo Corsini a Roma, nonché quelle di formato ovale di Madrid (Museo del Prado) e Vienna (Kunsthistorisches Museum);
si rammentano infine talune pregevoli reinterpretazioni di raccolte private.
E’ opportuno rilevare che la notevole fortuna incontrata da questa bella immagine realizzata da Reni è confermata proprio dall’esistenza delle variazioni sul tema – ma si faccia bene attenzione al fatto che sono l’una differente dall’altra e perciò preziose rielaborazioni di un modello evidentemente assai richiesto, ed anche dal fatto non trascurabile che molti di questi dipinti sono conservati in importanti raccolte pubbliche.
Per avere conferma dell’attribuzione a Guido Reni qui avanzata basterà allora confrontare il nostro Pianto di S. Pietro con le già ricordate tele della Galleria Corsini e di Vienna, ma soprattutto con la rassomigliante testa del medesimo apostolo ritratto nella pala raffigurante i SS. Pietro e Paolo, già a Bologna nella collezione Sampieri (C.C.Malvasia, Felsina Pittrice, 1678 [1841], II, p.15), ora a Milano nella Pinacoteca di Brera.
Nel bel volto testé citato, come in quello del quadro qui esaminato, affiora un dipingere corposo e cangiante, dai costrutti profondi e intimamente religiosi, qualità tipiche delle opere più suggestive eseguite da Guido Reni negli anni della sua prima appagante maturazione artistica.
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