
Arianna Abbandonata
Dipinto olio su tela
Morgari dipinse, firmò e datò la Arianna nel 1892, a sessantacinque anni, in corrispondenza di un primo diradarsi dei propri impegni, delle committenze pubbliche ricevute e delle sue partecipazioni ad esposizioni regionali e nazionali. La carriera del Morgari era stata peraltro contraddistinta da una notevole serie di riconoscimenti e successi dipendenti in principal modo dal rapporto con la corte dei Savoia. Nominato nel 1858 «pittore e restauratore dei Regi Palazzi» da Vittorio Emanuele II, anche in ragione della sua identificazione quale esponente di spicco di una famiglia di artisti e pittori, in grado di assolvere ad incarichi di notevole entità riguardanti l’allestimento, l’arredo, la decorazione e il restauro di residenze, palazzi e castelli.
La carriera del Morgari nelle vesti di decoratore e restauratore è pertanto almeno altrettanto famosa quanto quella più propriamente pittorica. Rispetto a quest’ultima fattispecie sono particolarmente noti e riportati dalle fonti specialistiche i suoi raggiungimenti nel campo della pittura di genere storico e la notevole mole di opere di soggetto religioso dipinte per chiese e santuari del territorio piemontese.
Nel 1892, in occasione della Mostra Cinquantenaria della Società Promotrice delle Belle Arti (Torino aprile-luglio), Morgari presentò la propria Arianna abbandonata, che venne acquistata a maggio dal collezionista Banco Teodoro. L’occasione espositiva portò il dipinto all’attenzione di un vasto pubblico e dovette esercitare un certo interesse, come provato dalla replica che il pittore Domenico Bruschi (Perugia 1840, Roma 1910), eseguì in formato ridotto e rimuovendo il testo pittorico della barca di Teseo
La tela di grande formato, si segnala immediatamente per caratteri decisamente difformi rispetto alla attuale considerazione dell’autore e della propria ispirazione poetica. Vi si esprime infatti una pittura piuttosto discosta dalla rigorosa eloquenza narrativa dei propri dipinti di tema storico e romantico quali la Morte di Raffaello (Palazzo Pitti), delle opere celebrative dei re sabaudi, ed altrettanto aliena dalle felici esercitazioni di rievocazione tiepolesca e rococò espresse nei molti cantieri decorativi in cui operò.
Il bianco nudo femminile presenta invece una saldezza formale memore della statuaria antica, al di fuori tuttavia di ogni ricostruzione archeologizzante dell’ambiente, rilevandosi anzi questa figura con grande evidenza dal tempestoso e corrusco fondale della marina tempestosa, ove in lontananza si consuma la partenza del figlio di Egeo. La riflessione condotta dal maestro, giunto alla sua ultima e forse più autonoma maturità, fa appello ai maestri della pittura del Seicento ed alla spiritualizzazione del corpo, in una retorica di sensualità, eleganza ed enfasi del gesto.
Morgari Rodolfo: Torino 1827-1909. Appartiene a una famiglia di artisti che per più di un secolo e mezzo opera soprattutto in Piemonte. Il padre Giuseppe è allievo di Lorenzo Pecheux; di lui si sa che è attivo presso la corte sabauda, ed è autore di scenografie, decorazioni murali e sovraporte con nature morte e animali. E’ dunque il padre ad insegnare a Rodolfo e al fratello Paolo Emilio i primi rudimenti artistici. Rodolfo studia poi all’Accademia Albertina di Torino; nel 1848 prende parte alla prima guerra d’Indipendenza e nello stesso anno partecipa alla prima esposizione della Promotrice di Belle Arti di Torino, dove continuerà ad esporre fino alla fine degli anni Novanta. I soggetti preferiti sono i temi del Romanticismo storico, i quadri di genere in costume, le figure allegoriche e i ritratti (La vedova del valoroso, il Concertino, Bruto, Raffaello morente, i famosi ritratti di Vittorio Emanuele II° e della Bela Rosin). Nel 1858 Vittorio Emanuele II° lo nomina «pittore e restauratore dei Regi Palazzi»: suo, fra gli altri, il restauro del soffitto dell’armeria di Palazzo Reale, realizzato nel XVIII° secolo da Carlo Francesco Beaumont. Svolge per molti anni un’intensa attività a Torino e in tutto il Piemonte, eseguendo affreschi sacri e profani in diversi edifici: la sede torinese dell’Ordine Mauriziano, i pennacchi della cupola della basilica di S. Sebastiano a Biella, le figure allegoriche della Pace e dell’Armonia per la galleria del palazzo del Duca d’Aosta a Torino, i dipinti del castello di Racconigi celebrativi di Casa Savoia, solo per citarne alcuni. Intorno agli anni settanta diventa assistente di Giuseppe Desclos, titolare della cattedra di ornato all’Accademia torinese di Belle Arti, e apre una fra le più importanti botteghe di restauro della città, dove lavorano stabilmente vari artisti e il nipote Luigi. La bottega diventa famosa soprattutto per l’imitazione pittorica degli arazzi, fatta con tale perizia da riprodurre anche l’effetto della scoloritura causata dalla luce, e per la quale Morgari riceve la medaglia d’oro all’Esposizione di Torino del 1884. Nel 1888 è inviato a Roma, in occasione del soggiorno dell’imperatore Guglielmo II di Germania, per affrescare la volta della sala dei Parati nel palazzo del Quirinale: sceglie una decorazione in stile Luigi XV, raffigurante uccelli, pavoni e rami fioriti, che ben si adatta alle tappezzerie settecentesche provenienti dal palazzo Reale di Torino collocate nella sala. Artista eclettico, prende ispirazione da vari generi, mostrando nelle proprie opere sensibilità pittorica e grande capacità decorativa; pur restando nell’ambito di una pittura abbastanza convenzionale, sa aggiungere un tocco di originalità e di modernità ai soggetti attraverso l’uso dei colori stesi con perizia ad animare le decorazioni e aggiungere vivacità ai soggetti. La sua attività continua fino aglianni novanta. I figli e i nipoti ne raccogleranno l’eredità continuando la tradizione di famiglia fino alla prima metà del novecento.
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