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STORIA DELLA SCAGLIOLA

Scagliola è il nome di un minerale, la Selenite, o più fantasticamente detta, “Pietra di Luna”.

Scagliola è però anche il nome attribuito alla tecnica artistica mediante la quale si creano intarsi con una particolare mescolanza di pigmenti colorati e colle naturali con la polvere di questo stesso cristallo. Arte nobile e molto antica, già nota ai romani, la scagliola visse momenti gloriosi a Carpi, in Emilia, nel Seicento, passando poi lo scettro a Firenze e alla Toscana nel Settecento, diffondendosi poi nel resto d’Italia e d’Europa.

Nel territorio carpigiano trovò dapprima applicazioni con decorazioni geometriche a finti marmi su opere a carattere architettonico.

In un secondo momento si svilupparono veri e propri schemi decorativi incisi su paliotti d’altare, tavolini, quadretti e pannelli per mobili.

Perché se al Nord, in Austria e Baviera, questa tecnica artistica doveva la propria fama grazie al patrocinio delle Corti, in Italia prese campo grazie alle committenze chiesastiche, vale a dire a corredo di arredi per il culto.

Questo tipo di arte doveva seguire e assecondare quelli che erano appunto i principi cardine del movimento barocco, attraverso il quale la Chiesa si servì per affermare la propria forza grazie ad una prolifica produzione di opere d’arte. Artificiosità, ricchezza, effetti illusionistici si ritrovavano in quelle scagliole carpigiane caratterizzate da ricchi ornati simmetrici ispirati a trine, merletti e candelabri.

Un repertorio, questo, che negli anni a venire vide la comparsa anche di esuberanti decorazioni naturalistiche con girali vegetali, fiori e uccellini e decorazioni o temi devozionali, tra i quali spiccavano le immagini di Santi Protettori o della Vergine col Bambino.

A cavallo tra il Settecento e l’Ottocento, in Toscana, la scagliola “migrò” e vi si riscontrò una svolta, per così dire, decisamente più pittorica, con modelli ispirati a nature morte e alla pittura di paesaggi. Ebbe particolare successo soprattutto grazie all’opera di mecenatismo del Granduca Pietro Leopoldo. Enrico Hugford e Lamberto Cristiano Gori, nonché la bottega dei fratelli Della Valle furono gli epicentri attorno ai quali ruotò la maggior parte dei capolavori di questo genere di produzione.

Dalla metà dell’Ottocento, tuttavia, quest’arte cadde nell’oblio e se Bianco Bianchi, un appassionato ricercatore, non si fosse intestardito nel voler riproporre l’arte della “Meschia”, come anche si chiamava anticamente, oggi non avremmo altro che reperti di altri tempi.

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